Giulietto Chiesa è scomparso da pochi giorni lasciando il mondo orfano di un grande giornalista. L’ultimo progetto che lo ha visto coinvolto e di cui avrebbe voluto ancora parlare è “Il martire mancato. Come sono uscito dall’inferno del fanatismo” Casa Editrice: Multimage, autore Walimohammad Atai, in uscita, fra pochissimi giorni. Arianne Ghersi ha raccolto il testimone e si fa portavoce di questo progetto che parla con un linguaggio semplice di un mondo per molti versi lontanissimo da noi.
Questo è un libro che sottolinea quanto siano importanti l’istruzione e la cultura, per evitare manipolazioni di sorta, per essere al passo con i tempi, per comprendere ed interagire meglio con una società che cambia a vista d’occhio. Spesso eccessivamente sottovalutati e dati per scontati in un mondo, quello occidentale, abituato a credere di avere ogni possibilità a portata di mano. Quanto contano le condizioni socio-economiche nel fenomeno del martirio? Com’è possibile che ragazzi con mille possibilità prendano una strada a senso unico, cosa li spinge? La convinzione di essere nel giusto o la non conoscenza del mondo esterno?
Walimohammad è indubbiamente il miglior testimone per quanto riguarda l’importanza della cultura. Suo papà, morto quando l’autore era in fasce, fu sicuramente un uomo illuminato per l’epoca: era un medico, cercava di compiere azioni che potessero portare al miglioramento delle condizioni di chi lo circondava. Purtroppo questo suo intento, supportato da una libertà intellettuale notevole, era mal visto dai Talebani che lo uccisero con l’accusa di essere un infedele. Walimohammad non seppe per molto tempo questo retroscena e, con il supporto della madre che aveva convinzioni diversissime dal defunto marito, si avvicinò gradualmente al mondo dei Talebani. Per una serie di fatalità, il ragazzo incontrerà in seguito la nonna e lo zio paterni che lo illumineranno sulle sue origini e gli sveleranno l’esistenza di una stanza segreta dove suo padre teneva i libri e i suoi appunti. Il giovane, naturalmente incuriosito, capì così che esisteva qualcosa di diverso da ciò che lo circondava e che avere uno sguardo critico sul mondo non era “haram” (proibito) come sosteneva la genitrice.
Purtroppo incasellare l’equazione “povertà = terrorismo” non è possibile: basti pensare a Osama Bin Laden, uomo saudita con possibilità economiche notevolissime. Forse si può dire che dove c’è marginalizzazione e disperazione è facile trovare un territorio fertile per le manipolazioni, ma ciò non vale allo stesso modo in Afghanistan come nelle periferie delle principali città europee. Sono convinta, invece, che molto possa essere riconducibile alla ricerca di un’identità e al senso di appartenenza perché solo ciò può unire giovani che vivono nella disperazione della vera miseria e coetanei che sopportano il peso della ghettizzazione occidentale. Non si può certo dire che questa sia una regola assoluta, ma si può ragionare su un concetto generale: lo scoppio di una guerra è principalmente da imputare a ragioni economiche, ma la convinzione verso un principio o ideale è ciò che nella storia ha mobilitato i popoli di tutto il mondo.
E’ di poche settimane fa il “trattato” siglato fra Stati Uniti e Regime Talebano, che oltre a porre fine ad una guerra taglia fuori dai giochi il legittimo governo Afghano. Quanto contribuisce lo scacchiere geo-politico nel mantenimento di una scarsa scolarizzazione di un’intera area geografica con le catastrofiche conseguenze che abbiamo visto negli ultimi vent’anni?
Questo trattato, a mio avviso, dimostra la “miopia” con cui si prendono determinate decisioni.
Quando gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan nel paese erano presenti due realtà “politico-religiose” diverse: i Talebani e Al-Qaeda. Come facilmente si può immaginare, queste due fazioni erano contrapposte perché entrambe intente a conquistare l’egemonia del territorio. Le operazioni statunitensi, come molti osservatori hanno constatato, furono tese all’annientamento di entrambi gli attori e questo creò di fatto una sorta di alleanza tra gli stessi. Per semplificare questo concetto si può citare l’adagio che sostiene: “il nemico del mio nemico è mio amico”. Questo negli anni amplificò le difficoltà incontrate dagli Stati Uniti che si ritrovarono anche testimoni di un cambiamento dei Talebani stessi: da piccola realtà locale, oggi si può dire che si siano trasformati, abbiano assunto forza e consapevolezza e i loro obiettivi non riguardino più solo l’Afghanistan, ma mirino ad avere un ruolo determinante in tutti i paesi della zona.
Si potrebbe inoltre ricordare che l’Afghanistan ha ingenti risorse minerarie e petrolifere non ancora “messe a profitto” e che ciò renda il paese una facile “preda” anche nello scacchiere geo-politico: il fatto che il progetto cinese riguardante la “Nuova Via della Seta” volesse includere anche questa realtà dà dimostrazione di ciò che dico.
Tutto ciò che ho appena spiegato dimostra come solo la cultura, l’analisi critica e l’assidua informazione può portare ad un miglioramento generale; senza tutto ciò non si possono vedere le cose con lucidità e quindi non si possono prendere posizioni in maniera consapevole.
Ormai l’associazione Musulmano-Talebano- Terrorista si sta radicando nella mente delle persone, magari non di quelle a conoscenza della storia di un paese devastato da oltre 50 anni di guerre ma da chi come me, si limita a leggere le notizie limitandosi ai titoli, spesso enfatizzati, di blogger e giornalisti della domenica. Cosa vi auspicate dalla pubblicazione di questo libro fortemente autobiografico? Le differenze religiose fra i nostri paesi sono così ampie da non consentire un dialogo proficuo o è più una questione di “ignoranza” reciproca?
Quando ho conosciuto Walimohammad ho subito compreso che la volontà di raccontare la sua storia era interconnessa al mettere in luce la verità. Come ho già detto, lui è scappato ad un tragico destino solo perché gli scritti del padre e gli insegnamenti della nonna e dello zio l’hanno guidato. Nel libro, al capitolo tredici, è narrata la terribile vicenda di un suo coetaneo che non ha avuto i mezzi per riflettere e che, come facilmente intuibile, è morto.
L’intento del testo non è giudicare, ma sottolineare con forza l’importanza dell’istruzione.
Per quanto riguarda i luoghi comuni legati a “Musulmano = Talebano = Terrorista” vorrei dimostrare con i fatti che si tratta di una sciocchezza. L’islam è diffuso in numerosi paesi con identità e differenze enormi: non si possono certo equiparare le usanze saudite, quelle senegalesi e le maldiviane, per citare tre casi agli antipodi. L’islam è largamente diffuso, ma ha dovuto “scontrarsi” e “adattarsi” alle tradizioni locali ma ciò che maggiormente sottovalutiamo sono le correnti e le scuole di pensiero differenti.
La prima grande classificazione è quella che contrappone sunniti, sciiti e i quasi dimenticati kharigiti (oggi ibaditi). All’interno della compagine sciita si possono individuare duodecimani, zaiditi e ismaeliti. Per quanto concerne i sunniti, sono presenti diverse scuole giuridiche: le principali sono hanafita, sciafita, malikita, hanbalita e le minori sono zahirita e mutazilita. Ad ogni corrente o scuola giuridica corrispondono altrettante e svariate interpretazioni che, storicamente, possono essere più o meno concilianti con “l’altro”. Questa superficiale disamina l’ho fatta solo per far comprendere che non ci si può immaginare un mondo islamico compatto che pensa le stesse cose e appoggia le medesime azioni.
Sono convinta che, con le frange più pacifiche, siano facilmente individuabili dei punti in comune dato che “noi” cristiani siamo parte delle “Religioni del Libro” (per chiarezza, con questo termine ci si riferisce alle principali religioni monoteistiche: zoroastrismo, ebraismo, cristianesimo, islam). Sono più scoraggiata verso coloro che hanno permeato il messaggio religioso islamico con istanze prettamente politiche: in molti casi hanno giocato un ruolo negativo le dittature “filo-occidentali” perché ritenute ingerenze indesiderate e, inoltre, non bisogna dimenticare la questione legata alle colonie. Realtà diverse hanno convissuto con paesi europei che hanno dimostrato atteggiamenti non equiparabili e questi aspetti giocano un ruolo fondamentale in ciò che ho precedentemente classificato come identità e senso di appartenenza.
Pur consapevole della mia ignoranza in materia mi sono letteralmente divorata le risposte di Arianne e non nego sarei andata avanti a leggere per delle ore continuando a farle domande per poter meglio comprendere un argomento tanto interessante e quanto mai attuale. Il libro uscirà fra pochi giorni ed io a questo punto non vedo l’ora di leggerlo.